Per sconfiggere i problemi politici ed economici serve impegno, basta superare mentalità e condizionamenti sbagliati e il gioco è fatto, più facile a dirsi che a farsi, ma leadeship ispirati e convincenti hanno assunto questo compito, non in modo disfattista e passivo, ma con lo spirito dell’impegno e della responsabilità collettiva e così facendo hanno gettato le basi per la rinascita nazionale.
Tradotto in politichese nazional-popolare per far ciò servirebbe una compagine di governo illuminata e lungimirante, non come quella “gialloverde” troppo sbilanciata nelle battaglie per federalismi ed esclusioni, sarebbe altresì più “utile” accettare politicamente l’idea che i problemi dell’Italia di oggi sono una responsabilità collettiva del passato e non solo della “sfera” politica che ci governò.
A poco perciò serve la rabbia popolare “montata” ad arte dalla casta nazional-sovranista e populista che vede nell’euroscetticismo la cura per tutti i mali, sarebbe più utile lavorare collegialmente per far decollare le riforme, che non produrranno benefici se i leader politici non riusciranno a coinvolgere la gente, anche quella della parte avversa, a cercar soluzioni ai problemi di tutti.
Unione e non secessione direbbe qualcuno di buon senso, ma in questi tempi perennemente pre-elettorali per far salire rabbia e frustrazione popolare “paga” più il linguaggio colorito, brutale e offensivo sul tema delle precarie condizioni delle finanze pubbliche o sul tema dell’evasione fiscale e il malcostume dei funzionari pubblici, un clientelismo questo che porta all’odiata corruzione che il leader potrà eradicare quando (e se) avrà ancor più consenso elettorale.
Il 26 maggio ha trovato conferme e smentite del crescente scetticismo verso l’Europa, ma credo che dopo i danni inflitti dal berlusconismo alla reputazione internazionale italiana, che i successivi governi Monti e Letta non hanno stemperato, serva ricordare (a chi ha la memoria corta) che eguaglianza e parità sono diritti irrinunciabili di ogni cittadino e soprattutto sostenere, anche se non possiamo pensarla allo stesso modo, che le politiche inerenti federalismi ed autonomie come modello alternativo fra gli Stati debbano essere discusse (e decise) da deputati e senatori mandatari d’incarico e non da leader di partito affacciati ai balconi, storie queste di una “certa destra” fuori dal tempo che ricorda solo guai e di cui nessuno ormai (fortunatamente) ha più nostalgia.
Giuseppe “vas” Vassura