Prospettive parallele, una pericolosa abitudine.

Dall’inizio del conflitto russo-ucraino l’attenzione è scemata di mese in mese, l’accoglienza dei profughi non riempie più le prime pagine dei quotidiani come non è più prioritario per l’opinione pubblica il tema dell’approvigionamento delle materie prime, in Ucraina invece i viveri continuano a scarseggiare, le medicine non si trovano e così pure l’acqua; ma l’estate è alle porte e la prospettiva “vacanze” la fa da padrona in barba all’emergenza umanitaria e la solidarietà che in ferie non ci vanno, da ciò il pericoloso parallelismo di situazioni che a prescindere dagli eventi ci fa (colpevolmente) mettere il cuore in pace.

Sarà il concatenarsi di altre informazioni di carattere più ludico che porta con sè la bella stagione, ma sembra che la guerra (quella vera) sia diventata preda di una grande “lentezza”, con le news dal fronte ucraino che non vengono più “battute” in tempo reale e non si rincorrono più come successo nei mesi passati, ora dopo ora a velocità doppia forse tripla rispetto a quella odierna; prima i due anni della pandemia a calamitare l’attenzione, a inquietare i nostri sonni e amplificare paure con lo strascico dei morti nella stessa assurda escalation cui abbiamo assistito impotenti malgrado il ricordo delle pandemie del passato, ed è stato così anche con la guerra russo-ucraina che malgrado ci sia arrivata fino alle porte di casa oggi è diventata quasi un’abitudine.

Non esistendo guerre giuste, è logico essere “contro” chi la guerra la comincia attaccando almeno quanto chi la guerra la continua pur difendendosi, ma sequenza, abitudine e attenzione mediatica hanno creato nel tempo assuefazione e senso di impotenza all’ingegnarsi per evitare guerre da parte di cittadini e governanti; senz’altro siamo di fronte a qualcosa di nuovo rispetto al passato, che sì spaventa ma (purtroppo) anche affascina, complice la socializzazione mediatica che sembra andare oltre i confini del tempo e dello spazio, riducendo le distanze tra le persone malgrado la guerra, perchè le fa comunicare sempre e comunque scambiando opinioni, incontrandosi a far parte attiva del proprio habitat pubblico, iniziando a “esserci” per capire dove andrà il futuro, senza poi tanto preoccuparsi d’altro.

D’altronde è oggi più che mai che avremo l’opportunità unica e irripetibile di trasformare (in meglio) ciò che ci sta più a cuore, a partire dalle “libertà”, sopratutto da quella della paura di venire attaccati da un aggressore, libertà di parola e libertà di religione, finanche dalla libertà del bisogno economico rivolta questa alla Banca Centrale Europea che non per sempre manterrà a zero o negativi i tassi di interesse e così solide le quotazioni del nostro debito pubblico esorbitante; il rischio di vanificare tutto ciò è quello di perdere fiducia nel progresso delle (buone) idee e non solo di quelle rivolte al perfezionamento di tecnologie a rischio di finire (tutti) autodistrutti, così in guera, così sulla diffusione di nuove malattie o sull’emergenza climatica.

L’assuefazione a prospettive che parallelamente fanno parte della nostra vita porta (a volte) a guai opposti all’empatia di cui invece ci sarebbe bisogno, ed è ciò che si sta rischiando col conflitto russo-ucraino ed alla sua prospetiva apocalittica che continua da febbraio ed alla quale ci stiamo man mano “abituando”, con l’Ucraina che non sta vincendo e la Russia che non sta perdendo, tanto che per la prima sarà una tragedia e per la seconda un disastro, prospettive queste a cui tendiamo sovrapporne altre ben più “soft”; ad esempio quella più legata alle incertezze della Bolkenstein quando in spiaggia dal 2024 si andrà a “bando”, oppure a prospettive più inerenti il “wellness&food” made in Italy dove, banditi i ristoranti affollati lowcost, la luce in fondo al tunnel by pandemia saranno le esclusività di “tavole dello chef & wine bar 4.0″ che scopiazzano i progetti pionieristici californiani dei Club privati made in Usa (quote da 1.900 a 3.600 euro/anno) dove farsi coccolare da chef talentuosi che serviranno e presenteranno le proprie creazioni e al contempo poter stringere legami con i produttori di tante “preziose” derrate agricole che (forse) sveleranno ai fortunati e danarosi clienti parte dei centenari segreti generazionali della filiera di casa.

Giuseppe “vas” Vassura

About Vassura

Residente ad Alfonsine (vicino Ravenna), si è diplomato in Agraria all' Istituto Scarabelli di Imola e da lì ha iniziato a scrivere (giornalino studentesco), ha poi frequentato tre anni di Università a Bologna ed ha iniziato l'attività di assicuratore in Ras, che attualmente ancora persegue ma solo come consulente aziendale indipendente. Gli piace ascoltare musica blues, folk e scarpinare in mountain bike. Animatore e P.r. in località Milano Marittima fino al 2001, é da sempre volontario e socio WWF. Capacità di comunicare e lavorare in team, unito allo spirito di adattamento, immaginazione e capacità di organizzare in modo equilibrato il tempo, fanno risaltare in lui doti di generalista più che di specialista..


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