Se l’interesse per la politica è scemato, vedi alla voce astensionismo, è perché sebbene soggetti ad una delle tassazioni fra le più alte al mondo i risultati non arrivano, ossia i conti dello Stato non migliorano vero è che non si riesce nemmeno a pagare la quota di interessi sul debito pubblico; le politiche economiche inoltre non danno frutti tangibili in quanto l’Azienda Italia non produce più, essendo in recessione e da ultimo, ma non in termini d’importanza, la disoccupazione giovanile è ai massimi storici e fra le più alte al mondo d’area.
Le ultime consultazioni elettorali amministrative hanno attestato il Pd al 40% dei consensi che tradotto in politichese vede la forte leadership di (centro) sinistra di Matteo Renzi premier a cercar di far riforme per mettere in moto la “macchina” Italia; sembra un secolo fa quando in piena bufera finanziaria a tanti era sembrata la soluzione migliore far lavorare Monti alla Camera e Bersani al Senato, ma per certi versi non è stata così.
La “cosa” pubblica ha continuato ad andare a rotoli, i conti pubblici non sono migliorati ed infatti l’astensionismo elettorale è cresciuto; con questo trend tanto vale scegliere i parlamentari sull’elenco telefonico, si diceva, tanto si è visto che nulla cambia.
Ossia: “tassatemi quanto volete però per favore non pretendete di rappresentarmi”, che è poi questa la metafora dell’astensionismo.
Credo che l’alleanza col centro destra di Berlusconi non stia esattamente nell’orizzonte culturale della sinistra, fatta di redistribuzione della ricchezza, scuole pubbliche e pari opportunità, ma forse quello che sta più indigesto in tema di spiritosaggini e ciò che si è letto su quella parte di Pd che avrebbe preferito governare con Grillo per promuovere un referendum per uscire dall’euro; tutto questo non ha fatto altro che alimentare la disaffezione verso chi ci rappresenta in Parlamento anche se ad onor del vero anche tanti eletti fuori dal patto Pd/Pdl sono sicuramente persone degne e capaci di far politica.
La disaffezione al voto va dai giovani che dovrebbero aver più slanci per godersi la vita ai sessantenni più saggi, più colti e più posati, al ceto medio che si identifica col premier e che sono forse i più tristi perché coi mezzi tecnici a loro disposizione faticano a rimanere giovani risultando ridicoli e creando infelicità; forse è vero ciò che ho letto sull’elettore italiano, che ancora non esiste, che ancora “s’ha da fare”, sempre e solo schierato a non conceder tempo alla politica, come capita al premier Renzi tuttora sotto un assurdo e logorante fuoco incrociato.
L’astensionismo elettorale di milioni di aventi diritto significa voler dire: voltate pagina! Ma è una voce inascoltata, persa nel vento della recessione, anche se il Paese sa ancora di terra felice per la storia e le bellezze artistiche, il paesaggio e la cultura mediterranea.
All’oggi tale supplica per il cambiamento è finora stata purtoppo disattesa dagli enti deputati, dalla politica; per questo la metafora dell’astensionismo tornerà di sicuro a far la voce grossa ed ancora d’attualità se anziché risolvere i problemi della gente si preferirà discutere d’altro.
Vas