La risposta è: se crediamo che la minaccia alla salute di Coronavirus non sia autentica, stiamo vivendo troppo uno stato di disagio sociale; se invece il pericolo è reale restiamo (forse) deprecabilmente impreparati a una calamità che sarebbe diversa da tutte quelle affrontate finora quando un agente da patogeno si trasforma in agente mortale.
Entro quali limiti il rischio epidemico può essere contenuto? Oltre quali limiti il rischio sfocia nel panico diventando un pericolo, flagello, una tragedia? E infine i cittadini possono essere efficacemente difesi e gli Stati sono preparati a fronteggiare l’azione di questi nemici invisibili?
Solitamente preferisco chi fa un dramma di tutto a chi non fa mai un dramma di niente, ma acquisire ansietà sul proprio stato di salute e conseguentemente su quello di cari e conoscenti, provoca un senso di disagio che finisce per generare preoccupazione e, come nel caso dell’epidemia di Coronavirus, anche allarme.
Nessuno è infallibile ma il ruolo dei consulenti scientifici va separato da quello dei decisori politici, i primi infatti avrebbero il compito di fornire informazioni obiettive sui rischi per la salute ma nel caso del Coronavirus hanno finito (complici i media) col “marciare” in ordine sparso divulgando ottimismo o pessimismo, ciò a scapito dei secondi che devono controbilanciare benefici delle misure precauzionali e relativo costo, un maldestro intreccio fra queste due anime che inizialmente non ha aiutato a capire la reale pericolosità dell’epidemia.
Sarebbe stato fondamentale fin da subito che invece ci fosse stata sintonia di pareri soprattutto da parte degli scienziati, che si fossero cioè presentati “coesi” nel suggerire i modi di mitigare e valutare i rischi per la salute dei cittadini; la politica ha fortunatamente dato ascolto (a prescindere) a questa “rete” di informazioni scientifiche che salva vite umane, adottando adeguate misure di prevenzione e azioni sanitarie mirate a sostegno della gente colpita dell’epidemia.
Non sappiamo quanto si diffonderà il Coronavirus. Né quanto durerà l’emergenza. Né quanto sarà severo l’effetto sulla nostra vita di tutti i giorni e di quanto possa essa ancora peggiorare. Ma una cosa di sicuro la sappiamo: che non farà deragliare le nostre comunità, un colpo di freno oggi, un’accelerazione domani; perché le epidemie, tutte, sono un tragico fenomeno dove la gente muore, ma che lo si voglia o no risvegliano paure ancestrali che scatenano sempre reazioni che escludono l’emotività e procedono razionalmente nella giustezza.
Giuseppe “vas” Vassura