Ad ogni epidemia, o peggio pandemia, la domanda è sempre quella: perché, malgrado l’esponenziale progresso della scienza medica, sempre nuovi agenti patogeni d’origine animale o vegetale aggrediscono la specie umana?
Colpa dell’inquinamento, con la caduta delle difese immunitarie o per causa della globalizzazione con il circuito sempre più vasto dei campi di mutazione?
Forse risposta non c’è anche perchè la storia, fin dall’antichità, ricorda delle aggressioni di virus e bacilli più devastanti delle guerre degli uomini; come la peste nera del 1300 di origine sudorientale o la pestilenza del 1630 che colpì Milano e mezza valpadana, fino alla “Spagnola” del 1918 trasmessa dagli uccelli, un (buio) ricordo che fin dagli anni ’20 fu cancellato dall’ottimismo suscitato da chi sosteneva come a portata di mano la vittoria definitiva sulle malattie infettive; il (logico) ridimensionamento non si fece attendere in quanto solo la medicina di metà secolo fu in grado di dar risposte adeguate.
Per tradizione o fede gran parte di noi ha sempre avuto la percezione che malgrado tutto la natura “è buona”, ma non è così se ricordiamo la proliferazione accelerata negli ultimi decenni di Ebola, Hiv e Sars, meglio perciò un armistizio a suon di vaccini, sieri, antibiotici e chemioterapici contro i nostri invisibili nemici di sempre, si chiamino oggi virus Chikunguanya o “Corona”.
La grande novità, qualcuno dice del secolo, è stata la decodifica del genoma umano volta a dare risposta sul nostro benessere partendo dal modo in cui “lavorano” altri genomi (ad esempio quelli dei microbi) e dalle “falle” che vedono gli occasionali mutanti, resistenti all’azione degli antibiotici, sopravvivere e trasferire l’immunità ad altri loro simili; noi invece no, non possiamo trarre vantaggi biologici dall’evoluzione di altri esseri viventi (uccelli, topi, scimmie), e per di più siamo anche isolati geneticamente rispetto alla nostra discendenza.
Perché allora questi evoluti parassiti non ci hanno ancora cancellato dalla faccia della terra? Sarà una magra consolazione ma probabilmente perché, uccidendoci, pure loro sarebbero finiti.
Una moltitudine di batteri e virus fanno parte della nostra pelle, delle mucose e dell’intestino e si dice che in fondo abbiano un ruolo importante nell’aiutarci a resistere ad altre malattie, forse può essere sbagliato cercare (pur invano) di distruggerli tutti, anche perché “loro” possono solo diventare più forti.
Giuseppe “vas” Vassura