Il Belpaese in-finito

“L’Italia è un Paese infinito, pieno di risorse e bellezze e non deve pensarsi solo come un grande del passato”.
Lo abbiamo letto su tutti gli organi di stampa, una semplificazione delle regole sembra essere la nuova frontiera, quella che riguarderà relazioni industriali, sindacati e imprese innescando un volano che sbloccherà l’Italia tracinandola fuori dal pantano della recessione e della deflazione; tutto bello, quasi vero, peccato si parli come sempre di “intenzioni” e soprattutto coniugate al verbo “futuro”.

Che succede invece nel presente? Il presente dell’Italia è fatto di debiti, di tensione e di paure, che poco spazio lascia a voli pindarici.

 

Delle bellezze rimane ormai solo lo spettro, quello di un Paese più “finito” che “infinito”.
Un presente scaturito però dal passato, una voragine di miliardi di euro del debito pubblico, che è stata determinata, negli anni, principalmente dalla scarsità del gettito fiscale (evasione tributaria), dall’inadeguatezza politica nel legiferare strumenti che avrebbero dovuto rendere produttivo il “sistema lavoro” atto alla produzione di beni per il consumo interno e per l’esportazione e dal peso dei maggiori oneri per interessi dovuti alla politica che ha visto Roma offrire tassi più elevati dei partner europei al fine di attrarre capitali dall’estero.
Dati ufficiali Bankitalia testimoniano un debito pubblico, tradotto in euro, quasi inesistente fino ai primi del ‘900, ma che già negli anni ’30 si attestava a circa 200.000 milioni e così è rimasto fin circa gli anni ’70; è dai primi anni ’80 che da circa 800.000 milioni di euro queste passività sono balzate a 1.600.000 milioni alla fine degli anni ’90 ed all’oggi è diventata una cifra talmente alta che lo Stato non riesce ad onorare nemmeno per la quota inerente gli interessi.
Siamo poveri? Forse si, ma troppo grossi per fallire, almeno così ho letto.
I rimedi ci sono, ma spesso poco attuabili nel breve termine; le riforme strutturali necessarie sono invece difficilmente realizzabili per la mancanza di collaborazione fra chi legifera e basta pensare alla struttura interna del partito democratico di oggi per capire che stiamo parlando di utopie.
Esecutivo e opposizioni, sindacati e imprenditori sono tutti contro tutti, il Pd evoca sostegno all’ euro mentre Forza Italia sostiene l’antistoricità del rapporto Deficit/Pil, addirittura Fratelli d’Italia-An auspica il ritorno alla valuta nazionale al pari del Movimento 5 Stelle che vuole un referendum per lasciare l’Eurozona.
Non sono un’esperto di economia, ho fatto agraria, ma credo che, sia da parte dei governanti , sia da quella dei governati, ossia noi cittadini, ci voglia coraggio, passione e soprattutto fiducia reciproca, oggi quanto mai al minimo storico.
Trovo dunque inquietante l’ottimismo paventato dall’esecutivo sul futuro del Belpaese, lo Stato appare sempre di più come qualcosa di lontano, estraneo ai cittadini.

Quest’Italia chiede passione, chiede coesione e ciò fa pensare che di questi tempi forse sarebbe meglio dar ragione a chi dice che finora abbiamo pensato poco ai letterati e troppo ai commercialisti.

Articolo di: Giuseppe “vas” Vassura
Revisione di: Daniela Matrella – Imola (Bo)

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About Vassura

Residente ad Alfonsine (vicino Ravenna), si è diplomato in Agraria all' Istituto Scarabelli di Imola e da lì ha iniziato a scrivere (giornalino studentesco), ha poi frequentato tre anni di Università a Bologna ed ha iniziato l'attività di assicuratore in Ras, che attualmente ancora persegue ma solo come consulente aziendale indipendente. Gli piace ascoltare musica blues, folk e scarpinare in mountain bike. Animatore e P.r. in località Milano Marittima fino al 2001, é da sempre volontario e socio WWF. Capacità di comunicare e lavorare in team, unito allo spirito di adattamento, immaginazione e capacità di organizzare in modo equilibrato il tempo, fanno risaltare in lui doti di generalista più che di specialista..


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