I “ponti” di Hillary e i “muri” di Donald

Il rischio di incrinare un modello di sviluppo economico basato sul multilateralismo e perché sia necessaria una politica di “ponti” ossia di accordi sul commercio internazionale e investimenti in settori industriali diversi da quelli tradizionali, non è bastato alla Clinton per far suo il mandato presidenziale Usa.

A dire il vero la democratica Hillary Clinton a livello nazionale ha raccolto più schede di preferenza del suo antagonista, il repubblicano Donald Trump, ma il meccanismo elettorale degli “yankee” tiene conto in primis di combinare rappresentatività con spirito federale. Alla fine della favola quindi repubblicani alle stelle con 289 grandi elettori, con “The Donald” Trump presidente Usa, democratici invece nella polvere.

Che succederà ora? Nessuno ha la sfera di cristallo ma per ora il trend delle ultime settimane di pre-voto continua ossia quando i sondaggi di campagna elettorale segnalavano un rafforzamento di Trump il mercato finanziario si indeboliva e viceversa, questo colpa dei minacciosi “muri” verso il sistema bancario e le grandi multinazionali americane e non.

E’ la fine di un modello a stelle e strisce che dura da 70 anni? Sembra di sì, a cominciare dai due candidati per la presidenza, uno peggio dell’altro a cominciare dalla Clinton rappresentante di una elite arrogante e guerrafondaia abbandonata politicamente perfino da democratici di lunga data. Trump dal canto suo è riuscito a far peggio, ma ha vinto, incendiando senza ostacoli le incertezze dei bianchi, avversando l’elettorato femminile, ignorando i giovani colti millennials e la gente di colore, (stra) vincendo senza aver mai ricoperto nessuna carica elettiva, mai presentando un programma degno di nota e senza manifestar alcuna competenza in campo internazionale; eppure nell’urna ha superato la maggioranza (270 grandi elettori) a metà spoglio con un filo di gas, facendo felici gli iper conservatori del Sud, l’America dei venditori d’armi, quella rurale del Mid West e la “grande pancia” delle inquiete formazioni populiste.

Ohio, Michigan, Wisconsin e Minnesota ovvero gli Stati del Nord “tecnici” specializzati dell’acciaio e del ferro in crisi da 1/4 di secolo, pur confermando nel 2012 Obama alla Casa Bianca, non se la sono sentita di votare ancora democratico consegnandosi di fatto ai repubblicani assieme agli “Stati in bilico” come Florida, North Carolina e New Hampshire. Perdendo (di poco) il voto popolare e non dando per ora prova di grande intelligenza, Trump sta esternando solo vanità e amore narcisistico e rischia perciò di diventare uno dei peggiori presidenti della storia Usa; dipende da quanto saprà delegare, quanto sarà abile a sopportare l’idea di aver intorno gente più colta ed esperta di lui, così da far della sua amministrazione qualcosa di enormemente più vincente di quella precedente.

In Europa, anche se poco, si cresce culturalmente grazie alle migliaia di anni di storia alle spalle e le “radici” profonde aiutano a superare le crisi politico-istituzionali, meno quelle economico-finanziarie.

In America invece no e queste elezioni 2016 lo dimostrano a partire dallo “spessore” dei due candidati, a parte il patriottismo che è vissuto in un continuo presente, tutto al di là dell’oceano viene distrutto e rifatto in continuazione, come ad esempio questa nuova “way of life” che sembrano aver imboccato gli yankee a stelle e strisce ossia il paradosso che i “muri” del tycoon Trump siano piaciuti soprattutto a quelle persone beneficiate dalle garanzie introdotte dai “ponti” democratici, come orari, coperture sanitarie, ecc.

Giuseppe Vassura

About Vassura

Residente ad Alfonsine (vicino Ravenna), si è diplomato in Agraria all' Istituto Scarabelli di Imola e da lì ha iniziato a scrivere (giornalino studentesco), ha poi frequentato tre anni di Università a Bologna ed ha iniziato l'attività di assicuratore in Ras, che attualmente ancora persegue ma solo come consulente aziendale indipendente. Gli piace ascoltare musica blues, folk e scarpinare in mountain bike. Animatore e P.r. in località Milano Marittima fino al 2001, é da sempre volontario e socio WWF. Capacità di comunicare e lavorare in team, unito allo spirito di adattamento, immaginazione e capacità di organizzare in modo equilibrato il tempo, fanno risaltare in lui doti di generalista più che di specialista..


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