La scuola sta riaprendo in sicurezza garantendo lavoratori del settore e studenti, mancano ancora banchi e insegnanti e sono evidenti ritardi ma l’apertura conta più benefici che rischi, per gli studenti, per i docenti e anche per le famiglie perchè questo significa studiare, lavorare, convivere e crescere insieme.
Sono circa in 8 milioni i bambini, i giovanissimi e gli adolescenti italiani che si apprestano a vivere (causa Covid) l’anno scolastico più anomalo di sempre, almeno a quanto dicono le fonti di informazione di chi in Europa ha già ripreso le lezioni, come ad esempio tedeschi e francesi che hanno visto un’impennata dei contagi malgrado aule pulite e disinfettate una volta al giorno e ventilate per almeno due volte. In Israele invece dopo un solo mese di scuola i contagi sono cresciuti in modo tale da segnare l’inizio di una seconda ondata che ha colpito il Paese più duramente della prima causando la chiusura dell’attività didattica in presenza, da qui l’esigenza (alla riapertura delle scuole) di dividere l’attività in due momenti, con gli alunni che continuerà in presenza e l’altra che seguirà da casa in un’alternanza di alunni e docenti.
Per questo da più parti c’è chi spinge per il “supporto digitale” che favorirebbe ulteriore distanziamento sociale e aiuterebbe gli studenti ad essere autonomi grazie a tutoraggio e didattica mista con un mix di lezioni a scuola e a casa, in tanti invece vorrebbero salvaguardato il buono del tempo pieno indispensabile per molte famiglie, al pari di chi ritiene fondamentale posticipare l’inizio delle lezioni sia alle medie che alle superiori dalle nove di mattina alle cinque del pomeriggio, dove lo studio si alterni alla ricreazione e dove i “bravi” aiutino quelli “meno” a fare i compiti.
Più facile a dirsi che a farsi perchè la cronica arretratezza italiana vede parte del Paese senza banda larga e ciò non permette l’accesso di tanti alunni all’informatizzazione della didattica, perdippiù il 12% sul totale dei ragazzi iscritti è ancora oggi sprovvisto di computer e sono oltre il 50% quelli che lo condividono con i familiari; una “diseguaglianza” questa complicata da quel milione e trecentomila studenti che sono in povertà assoluta e dai 2 milioni e trecentomila in povertà relativa, senza contare gli 860mila studenti con disabilità e bisogni educativi speciali, non dimenticando infine le problematiche (anche) culturali di quelli stranieri che sono poco più di 800mila.
Anche dal fronte inerente il corpo insegnante poche sono le buone notizie in quanto si parla di 50mila le cattedre ancora “scoperte”, con Campania, Puglia e Toscana dove si dovrà lavorare di più per avere i prof. sopratutto di italiano e matematica, i presidi inoltre aspettano ancora di conoscere la normativa per vagliare le richieste di esonero di quei “lavoratori fragili”, ossia insegnanti e lavoratori scolastici che lamentano patologie, che hanno timore di afferrare decine di maniglie e toccare centinaia di superfici, atti che a loro dire potrebbero portare solo guai; servirebbe una volta per tutte cambiare questi comportamenti ricorrenti e tante delle decisioni che li influenzano e fare riforme che sortiscano progressi incrementali.
Proprio ora che la scuola riparte i contagi tornano a salire, per cui giusto puntare all’osservanza dei protocolli e delle principali regole da seguire cioè obbligo delle mascherine, distanziamento sociale di almeno un metro, percorsi diversi all’interno dei plessi scolastici in modo da evitare assembramenti, sanificazione e aerazione degli ambienti; purtroppo latitano (come spesso accade) le politiche di medio -lungo periodo in quanto si fanno, ad ogni giro di ministro, piccoli interventi di “maquillage” applicando soltanto qualche cerotto ad una scuola italiana che avrebbe invece bisogno del chirurgo.
Giuseppe “vas” Vassura