Il mondiale di Russia. Come lo ricordiamo

Sono trascorse alcune settimane dalla conclusione del campionato mondiale di calcio svoltosi in Russia ma il ricordo è ancora forte, vuoi perché è stata la prima volta che il torneo-simbolo del gioco più bello del mondo si è disputato in Russia e nell’Europa orientale, vuoi perché per la prima volta la tecnologia è entrata “ufficialmente” in campo , con il sistema V.A.R. (Video Assistant Referee), a decidere sulle dinamiche di gioco con un video supporto nel lavoro degli arbitri.

La macchina organizzativa della Federazione Russa ha funzionato alla grande sia dentro che fuori i 12 stadi nelle 11 città sedi delle partite, oltre ai due stadi della capitale Mosca (Luzhniki Stadium (da 80.000 posti) e Spartak (45.000 posti), le gare si sono susseguite con regolarità negli altri stadi a disposizione delle nazionali qualificate alla fase finale del mondiale 2018.

Come a Mosca sold-out assicurato da mesi anche in tutti gli altri stadi, San Pietroburgo (70.000 posti), Soci (50.000), Kazan (45.000), Volgograd 45.000), Rostov (45.000), Saransk 44.000), Kaliningrad (35.000), Nizhny (45.000), Ekaterinburg (35.000) e Samara (45.000), uno sforzo finanziario di quasi 700 miliardi di rubli annunciato già nelle conferenze stampa “pre-mondiali” dal presidentissimo Putin per garantire qualità ed efficienza senza precedenti, e così è stato.

Un lavoro imponente per lo sviluppo delle infrastrutture per il trasporto degli atleti, tifosi ed il pubblico tutto, ma anche per energia e informazione e un ammodernamento delle strutture sanitarie e di accoglienza che ha interessato non solo le 11 città ospitanti le partite ma un po’ anche l’area metropolitana delle altre città russe, non solo a fini propagandistici verso le 32 compagini nazionali, ma per confermare come ce ne fosse ancora bisogno quanto possa offrire in termini di businnes e accoglienza (anche turistica) lo stato russo; una ghiotta opportunità per farsi sì apprezzare dagli “Stati ricchi” che fin lì hanno portato le proprie nazionali di calcio (Giappone, Arabia Saudita, Australia, ecc.) ma pure anche dagli altri “meno abbienti” che della Russia conoscono poco o nulla (Brasile, Uruguay, Argentina, Perù, ecc.).

Questo perché da sempre la vetrina internazionale che offre il Paese ospitante le competizioni sportive si è da sempre rivelata in assoluto la forma di marketing più vincente, a cominciare ad esempio dal logo (il lupo Zabivaka) che è stato disegnato dall’agenzia portoghese Brandia Central, “svelato” dall’equipaggio della Stazione Spaziale Internazionale e poi proiettato addirittura al Teatro Bolshoi di Mosca; alla cerimonia in diretta Tv hanno partecipato il presidente della FIFA Joseph Blatter, il segretario FIFA Jerome Valke, il presidente del Comitato Organizzatore russo Vitaly Mutko ed il campione del mondo 2016 Fabio Cannavaro.

Ampio spazio anche per gli altri simboli mediatici del caso, una multinazionale di sponsor e supporter scelti con cura da ogni angolo del pianeta, come ad esempio la canzone ufficiale dei Mondiali 2018, “Live il up” del cantante portoricano Nicky Jam e del cantante rapper-attore Usa Will Smith oppure la sfarzosa presentazione del pallone dei mondiali, il Telstar 18, prodotto dalla tedesca Adidas.

Per il resto tutto come (quasi) da copione, che per la quarta volta consecutiva ha visto salire sul gradino più alto del podio del mondiale di calcio una nazionale europea (Francia), con la squadra campione in carica (Germania) eliminata al primo turno e quella superfavorita (Brasile) fuori dai giochi nella fase successiva; un film già visto pure le belle conferme delle nazionali “minori” come quella croata finalista anche se però mai in partita contro i campioni francesi, e quella belga buona terza, squadra “operaia” questa, disciplinata e senza fronzoli che ha forse giocato il miglior calcio dal punto di vista tecnico-tattico.

La prossima fase finale del campionato mondiale di calcio – Coppa del mondo FIFA si svolgerà nel 2022 in Qatar con due principali novità, un allargamento della fase finale a 48 squadre nazionali (anziché come tuttora a 32), e quella di disputare le partite nei mesi di novembre-dicembre che sono i meno torridi in questa zona tropicale dell’emisfero nord. Sarà questa l’occasione per una epocale inversione di tendenza nella leadership del calcio mondiale, da tanti annunciata, che vedrà finalmente affacciarsi la nuova alba per l’emergente calcio afro asiatico?

Giovanni Torricelli  

 

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