La grande amarezza di quest’anno sarà di non poter onorare chi è caduto per la libertà del nostro Paese, sulle lapidi a deporre corone e fiori andranno i sindaci e le autorità designate in rappresentanza delle comunità, e per la prima volta in 75 anni non saranno i singoli cittadini, tantomeno in corteo, a dir grazie a quelle donne e uomini che tacquero sotto le torture, che diedero la vita e che non poterono godere del profumo della libertà.
La lotta di Resistenza contro le truppe di occupazione tedesche ed i loro alleati fu condotta da partigiani comunisti, partigiani bianchi, cattolici, monarchici e socialisti certo, ma anche ragazze e ragazzi senza partito che volevano sfuggire alla leva di Salò, al pari di carabinieri, alpini e perfino ex garibaldini; sono stati vari i modi di dire di no ai nazi-fascisti, quello ad esempio dei preti coraggio che nascondettero gli ebrei e i parà alleati finiti oltre le linee nemiche, quello di banchieri e industriali che portarono soldi in Svizzera per finanziare la guerra di Liberazione, quello dei ferrovieri che rallentarono i treni per consentire ai deportati di saltar giù ed infine quello degli oltre 600.000 internati in Germania, che preferirono restare nei lager nazisti piuttosto che andare a Salò a combattere altri italiani.
Come a dire che la Resistenza non è stata la lotta di una sola fazione ma bensì di un’anima nazional-antifascista molto più vasta e coesa, con raziocinio e passione, testa e cuore, che si è battuta a fianco degli Alleati contro i tedeschi, sognando una società egualitaria che finalmente garantisse le libertà individuali, una distribuzione della ricchezza omogenea e le pari opportunità; da qui la festa del 25 Aprile delle città liberate, tra la folla che applaudiva ed i ragazzi che sventolavano il tricolore con le campane che suonavano a distesa.
E’ questo il contesto etico e morale di valori di cui l’A.N.P.I (Associazione Nazionale dei Partigiani d’Italia) deve custodirne la memoria e trasmetterlo alle nuove generazioni, non dimenticando loro che la nostra Repubblica è figlia della Resistenza al nazi-fascismo di quella gente che scelse la parte della libertà e della giustizia in una situazione certamente meno semplice che per un giovane d’oggi, e le commemorazioni servono proprio a ciò; sono a volte stucchevoli e noiosamente di maniera ma anche a ricordare che la vittoria (mal digerita) sul fascismo ha “partorito” i tentativi del governo Berlusconi di abolire il 25 Aprile, la ricorrenza del 2 Giugno ed anche quella del Primo Maggio.
Ed anche in questo momento epocale difficile di contagio da coronavirus, dove la gente muore, storia e cultura della Liberazione del Paese possono diventare promotrici di sviluppo sociale ed economico, e aiutare a (ri) costruire il nostro futuro.
Giuseppe “vas” Vassura