E’ il tempo delle responsabilità per contribuire tutti al bene del Paese, il grado di civiltà e il nostro senso di comunità emergono in coesione nel reagire all’emergenza Coronavirus facendo il necessario per superare al più presto questa crisi.
Tutto bello anzi bellissimo, peccato che per uscire da questa fase difficile due siano le scuole di pensiero (e quindi di condotta) da seguire per il bene dei cittadini.
Anzitutto la nostra e quella della stragrande maggioranza dei Paesi colpiti dall’epidemia, che si è rimboccata le maniche e ne ha fatto una questione “di vita o di morte”, cercando di limitare la diffusione del virus facendo prevenzione, assistenza e cura ai contagiati, mettendo all’angolo quasi in toto la vita sociale di tutti, promuovendo altresì fondi e agevolazioni ai comparti produttivi, nella speranza che i sacrifici così fatti diano i risultati attesi.
La seconda suola di pensiero è quella opposta intrapresa dal Regno Unito che per bocca del suo premier Boris Johnson ha informato della decisione di non far nulla e di andare avanti come niente fosse, qualche evento cancellato come la Fiera del Libro, la sfilata di San Patrizio, qualche Università “on-line” e il rinvio delle partite di calcio fino al 3 aprile, ma nulla di più, in perfetto Brexit Style.
Era nell’aria, ma nessuno avrebbe previsto che frasi del tipo: “Molte famiglie perderanno i loro cari” , sarebbero (quasi) passate inosservate dall’opinione pubblica britannica, il Times per primo anzi ha elogiato il premier e non sono stati pochi i concittadini d’oltremanica che hanno condiviso la scelta di Johnson; gli esperti in materia lo hanno consigliato in tal senso dal momento che bloccare il virus sarebbe stato impossibile, perciò nessuna emergenza, usare acqua e salone e per chi ha sintomi stare a casa, in base a quel che insegna il principio dell’ “immunità di gregge” dove l’infezione si può (forse) interrompere quando in molti (inglesi) saranno diventati immuni dalla malattia, guarendo dopo essere stati contagiati.
Una comunità virtuosa quella britannica al pari di quella nostra e delle tante che invece di far scorrere la vita normalmente hanno scelto di fermarsi, di tirare il freno guardando al presente e al futuro con occhi diversi, di fatto sbarrando portoni e restando (quasi) tutti a casa, anche in segno di solidarietà ai più deboli e agli anziani che una società matura e responsabile deve tutelate e non abbandonare a se stessi.
Viene alla mente ciò che un amico infermiere mi diceva (troppo) spesso ai tempi dell’Università a proposito della necessità di (non) curare, a tutti i costi, malati senza speranza la maggioranza dei quali dopo mesi di ventilazione meccanica poi alla fine non ce l’avrebbero fatta, dicendomi pressappoco così: “…siamo mortali e dovremmo poterlo accettare ma a volte ce ne dimentichiamo, spendere 1/3 del budget della Sanità per gli ultimi mesi di vita di persone anziane e molto malate è un errore, tanto muoiono lo stesso…” .
Non fui d’accordo allora, che ero giovane e potevo sbagliarmi, e non lo sono chiaramente nemmeno oggi che (come allora) penso che se c’è una chance anche remota per riuscire a far star meglio chi soffre è giusto andare avanti, e lo si deve fare sempre; oggi i decessi sono causati soprattutto da problemi di cuore e diabete e metà dei morti ha meno di 70 anni, sono tutte disgrazie evitabili e si dovrebbe fare di più, ma non sempre è così.
Giuseppe “vas” Vassura