La banca guadagna sul servizio che eroga, fornendo mezzi di pagamento alle famiglie e prestiti alle imprese; tutto ciò dai Sumeri dell’antica Mesopotamia al Rinascimento dei banchieri fiorentini, fino alla nascita della prima banca nel 1406 a Genova e settant’anni dopo al Monte dei Paschi di Siena, via via poi tutte le altre come la Compagnia di San Paolo, Cassa dei depositi di Napoli, ecc.
Fu l’attività degli orafi fiorentini a dar vita ad una sorta di commercio bancario in quanto questi, custodendo oro e preziosi dei clienti, rilasciavano una ricevuta che ne certificava il deposito; già nel XV° secolo a Firenze circolavano “lettere di credito” e “buoni del tesoro” in una ottantina di banche ed anche se i loro servizi erano per lo più rivolti ai nobili, credo che già allora si ponesse un problema di costi e spese, come purtroppo capita a noi oggi.
Per la banca spetta al correntista scoprire se il proprio conto corrente è realmente il “migliore” sulla piazza e se sul mercato si possono avere condizioni di favore o no; qui non vale l’ “adeguatezza”, norma che obbliga l’agente assicurativo a stipulare la polizza che più si avvicina allo status di persona fisica o giuridica del cliente, quella cioè che garantisce il meglio e al giusto prezzo. Con la banca questa norma latita e anzi spesso funziona a rovescio.
Vero è che l’istituto bancario dà i mezzi per poter controllare, col riepilogo di fine anno, se il conto costa troppo ma sta alla competenza del cliente verificarlo: operazioni effettuate, spese addebitate, indicatore sintetico dei costi, commissioni, oneri fiscali e interessi. Insomma una giungla di frecce e schemi degni del book di un coach di basket.
La fedeltà inoltre non pagherebbe perché i discorsi da bar sono una cosa mentre le cifre un’altra; da un’indagine di qualche anno fa de Il Sole 24 Ore emerse infatti che, sempre che non si andasse in “rosso”, l’affezione al proprio istituto di credito era deleteria e anziché premiare il cliente lo penalizzava, il tutto analizzando l’utilizzo del conto corrente tanto per dodici mesi quanto in caso di “matrimonio” decennale.
Quindi che fare? Anche qui il campo assicurativo, soprattutto quello dei “broker”, insegna perché l’unica difesa è mediare tra i vari istituti e far valere la propria forza contrattuale sfruttando la vasta offerta di sportelli che il mercato offre.
E farsi sentire, lamentarsi e a mali estremi, estremi rimedi. Ossia cambiare aria passando alla concorrenza.
Giuseppe “vas” Vassura