Nella finale del mondiale di calcio 2018 svoltosi in Russia la “meglio gioventù” francese alla fine ha dominato una Croazia stanca e sfortunata, i balcanici hanno giocato tre incontri interminabili vincendo con l’Inghilterra ai supplementari e con Danimarca e Russia ai rigori, faticando per 677 minuti contro i 577 del “bleus” transalpini e perdippiù avendo un giorno di riposo in meno.
Slavi sfortunati in occasione dell’autogol al 18′ del proprio centravanti Mandzukic e di un rigore “dubbio” subìto al 38′ che ha fatto presagire già alla fine del primo tempo il risultato finale malgrado la buona prova tecnico-tattica dell’undici biancorosso.
Coppa del mondo che quindi torna a Parigi dopo vent’anni per la gioia soprattutto del proprio allenatore Deschamps che diventa così il terzo ad aver vinto il mondiale sia da calciatore che da allenatore assieme a due mostri sacri del calibro di Zagallo con Brasile (1958/’63/’70) ed il tedesco Beckembauer (1974/’90); l’allenatore dei “galletti” è stato bravo nella capacità di “svoltare” la selezione dei giocatori, cosa sempre difficile nel calcio, dopo l’insuccesso contro il Portogallo agli ultimi Europei e di capire che la direzione giusta sarebbe stata quella di abbandonare al proprio destino i “senatori” e scommettere sui giovani, di quella finale persa infatti ne sono rimasti solo 9 su 23, reinventando in tutta fretta quella che poi è diventata una nazionale dall’età media di 26 anni, una tra le più basse del mondiale russo.
Francia che durante tutto il torneo è rimasta in svantaggio meno di dieci minuti e ciò la dice lunga sulle motivazioni dei transalpini che hanno espresso ottimi difensori, centrocampo di qualità e un attacco in cui fantasisti e “uomini d’area” hanno fatto la differenza, uno su tutti Kylian Mbappè che a diciannove anni è diventato il secondo under 20 a segnare in una finale mondiale dopo il grande Pelè.
Della finalista Croazia tanti i meriti, più di tutti loro giocano meglio e con più calma nella migliore tradizione calcistica slava ed è un mistero di come una nazione di soli quattro milioni di abitanti possa immettere nel “circuito” così tanti talenti, due su tutti i centrocampisti Modric e Rakitic, il primo dei quali di sicuro sarebbe diventato “Pallone d’Oro” in caso la finale mondiale fosse terminata in modo diverso; unico neo i cori intonati dai giocatori negli spogliatoi (e nelle piazze croate) che qualcuno ha bollato come fascisti, come a ricordare che la Croazia è ancora società chiusa (e bianca) stretta tra l’ingerenza da nord della Germania e le “presenze” ortodosse e musulmane di Bosnia e Serbia.
Il futuro del calcio mondiale percorrerà da subito strade diverse, ciò è dovuto alla perdita di “centralità” della tv perché le nuove generazioni si avvarranno sempre più di altri strumenti multimediali per seguire gli eventi internazionali; non più quindi utenti spaparazzati sul divano di casa coi popcorn per seguire tutti i 90′ di partite di terzo livello, ma bensì spettatori che condivideranno su social gare online limitate semmai alle sole highlights, soprattutto da telefoni mobili e tablet e non disdegnando scommesse e videogame.
Un fenomeno già in atto tanto che Ipsos prevede che i prossimi anni solo il 62% di chi seguirà le gare lo farà davanti al piccolo schermo e questo “nuovo ordine” calcistico avrà il battesimo tra quattro anni in Qatar per trovar poi consacrazione definitiva tra otto nel mondiale nordamericano dove Usa, Canada e Messico saranno per la prima volta legati dal soccer a livello internazionale.
Per quella data l’inquilino della Casa Bianca non sarà più Donald Trump e forse si vedrà (finalmente) decollare il calcio russo che, malgrado la cocente delusione sportiva nel torneo di casa, ha visto esponenziato il potere economico e politico del presidente Putin; in proiezione futura l’attesa più grande sarà però quella riguardante l’ennesimo progetto cinese per far diventare anche il loro calcio un qualcosa di molto simile a una superpotenza mondiale, sarà la volta buona per l’Impero di Mezzo?
Giuseppe “vas” Vassura