Archivio Giornaliero: 29 marzo 2018

Pasqua: uso e (mal) costume a tavola

La diminuzione è costante ma la tradizione culinaria pasquale anche quest’anno ha coinvolto centinaia di migliaia di ovini di trenta giorni di età, le cui tenere carni stanno finendo sotto i nostri denti, arrostite o fritte; il decesso di questi animaletti è traumatico perché è praticato con la tecnica della sgozzatura, resa necessaria per far sgorgare in fretta dalla carotide recisa, il sangue, sì da non far ristagnare lo stesso nella carne dopo l’arresto cardiaco.

Succede così anche ai giovani suini, maialini da latte, destinati poi a diventare porchetta e non allevati “all’ingrasso” come si opera di solito per ottenere i “salumi”, prosciutto, coppa, salame, ecc.; non sono indenni da giovane e prematura morte anche altre specie di graziosi animaletti da fattoria, galletti, puledri e vitelli ma non ci traumatizziamo più di tanto forse perché alla loro fine un po’ ci siamo abituati, non è una novità, eppure anche per loro la destinazione finale sono i banchi dei supermercati sotto forma di ordinate vaschette ben confezionate che suscitano in noi niente po’ po’ di meno che indifferenza.

Con gli agnelli non è così, la loro carne la si trova in commercio in concomitanza del businnes gastronomico di queste settimane, solo una volta l’anno, e non ci siamo abituati, è un’opportunità da non perdere ed il tam-tam mediatico coinvolge la massaia quanto la mensa aziendale, lo chef  quanto l’osteria; la prelibatezza della carne d’agnello ci ipnotizza identificando la festività pasquale quanto panettone e pandoro lo fanno per il Natale.

Pasqua è ricorrenza a tutti noi molto cara perché sinonimo di rinascita, è festività che fa riflettere, e coincide forse col periodo dell’anno più bello, quello cioè che ci porta finalmente a godere mesi di bella stagione; è un peccato che tutta questa “bellezza” stoni così ferocemente con la drammaticità del “percorso” a monte che gli agnelli sono destinati a percorrere.

 Questi animaletti quasi mai sono destinati a morir sgozzati in stato di incoscienza, purtroppo in tanti vivono “live” questa fine in modo drammatico e ciò da alcuni anni ha mosso le coscienze di un sempre maggior numero di persone; da allievo perito agrario ho frequentato durante le ore scolastiche di “pratica” i macelli, ove le pratiche degli operatori necessariamente mettono fine alla vita degli animali destinati all’alimentazione umana, pennuti e bovini ma mai giovani ovini; sono sempre stato molto critico su queste tecniche cruenti ma purtroppo la legislazione italiana non è chiara ed i controlli capillari latitano.

Le immagini finite in rete da telecamere nascoste poste in allevamenti “border line” sono raccapriccianti, meritano sanzioni esemplari e spero che i video non siano stati manipolati ad arte da qualcuno, queste brutali tecniche da macellazione per tanti di noi devono terminare immediatamente mentre per altre persone il problema è irrisorio in quanto interessa soltanto “animali”.

Ecco il perché delle campagne pubblicitarie promosse dagli organismi di protezione animale e associazioni ambientaliste contro questa che loro chiamano una vera e propria strage, quest’anno si sono mosse in anticipo ma purtroppo senza tangibili risultati, gli agnelli sono stati regolarmente sgozzati lo stesso e come sempre stanno allietando le mense imbandite della festività della rinascita.

Pasqua è festività splendida in cui purtroppo questo uso e (mal) costume culinario stona anche se si è sempre rispettato, forse per l’ultima volta, o forse no. 

Giuseppe “vas” Vassura