Archivio Giornaliero: 23 marzo 2018

PCC ovvero l’unione fa la forza

Nell’attesa di (eventuale) smentita quale affermazione è mai più vera di questa, i delegati del Congresso Nazionale del Popolo cinese hanno votato a scrutinio segreto (favorevoli al 99,86%) la modifica alla Costituzione proposta dal Partito Comunista Cinese (PCC) che ha di fatto sancito che il leder Xi Jingping governerà (quasi) a “vita”, come a dire che in futuro serviranno stabilità e continuità per confermare ancora i numeri del Paese come seconda economia del mondo e prima potenza commerciale; una unione che dà forza quella emersa dal segreto dell’urna dal momento che solo due compagni su 2.964 hanno barrato il “no” e tre hanno lasciato la scheda in “bianco”.

Il paragone con l’altro storico Grande Timoniere (Mao Zedong) è d’obbligo, se però quest’ultimo ha governato una Cina arretrata e tutta arroccata all’ideologia Marxista-Leninista, Hi la sta traghettando fuori da quelle secche (solo) ideologiche che l’hanno isolata per secoli; i record economico-finanziari che tutti leggiamo sui giornali sono soprattutto il frutto della politica “comunista” del quinquennio di primo mandato di questo nuovo leader che ha visto da subito la globalizzazione come un’opportunità e non come un problema.

Missione compiuta quindi per Xi Jingping che inizierà quest’anno gli altri cinque anni del suo secondo mandato per poi (volendo) restar in carica come presidente a vita, un mal di pancia (di rimpianti) senza fine per chi in occidente ha dimostrato man mano sempre più disaffezione al voto verso questa ideologia “comunista” di Mao e Deng Xiaoping, quest’ultimo promotore di riforme e aperture che hanno poi favorito in futuro quel susseguirsi di eventi economico-commerciali “dalle stalle alle stelle” che tutti noi oggi ben conosciamo, elevando il Paese simbolo del socialismo di mercato al rango di “moderna e prospera realtà socialista con caratteristiche cinesi”.

  Come in Cina d’altronde anche nella vicina Russia lo “zar” Vladimir Putin sta consolidando il quarto mandato, un potere iniziato negli anni duemila che ha visto crescere i propri picchi di consenso solo in concomitanza con l’insorgere  di tensioni militari di “frontiera” (Ucraina) e di aree di influenza (Siria), a differenza del leader comunista cinese che sta professando (a parole) una palese non belligeranza e perfino dimostrando a differenza del passato un “dialogo” inaspettato coi temuti capitalisti d’occidente, Usa in primis in riferimento al “dossier” Nord Corea.

Una grande rivoluzione culturale proletaria, contro la borghesia che “devia” i partiti dello Stato, per una equa suddivisione delle risorse economiche e finanziarie della Cina; questo è quanto da sempre il Partito Comunista Cinese ha perseguito nei decenni promuovendo ciò a prescindere dalle argomentazioni (e i fatti) su cui discutono e votano i quasi 3.000 delegati nella Grande Sala del Popolo di Piazza Tienamen, rappresentanza del miliardo e quattrocento milioni di cittadini del celeste impero, come a ricordare semmai ce ne fosse bisogno che mai come al giorno d’oggi l’unione fa la forza.

Giuseppe “vas” Vassura