La “musica al centro” del Baglioni-Festival

Ermal Meta e Fabrizio Moro cantando Non mi avete fatto niente e combinando il voto del pubblico, della stampa e degli esperti si sono aggiudicati l’edizione 2018 del Festival della canzone italiana che si è chiusa con grandi ascolti come era iniziata, la serata finale ha “battuto” 12 milioni di spettatori con uno share del 58% mentre la media delle serate si è attestata su quasi 11 milioni, poco più del 52%.

A grandi linee è stata copia fedele negli ascolti di quella passata quando Carlo Conti al terzo anno di conduzione scelse di avere sul palco Maria De Filippi, share delle 5 serate attorno al 51% (quasi 11 milioni di spettatori) col botto nella serata finale (miglior dato dal 2002) con 12 milioni (58%); una boccata d’ossigeno per il canoro comparto di “mamma Rai” dopo il ventennio di noia trascorso dai fasti di Pippo Baudo che il 12 febbraio 1995 con Fiorello, Anna Falchi e Claudia Koll fece il 65% di share (18.389.000 spettatori). Fu quello l’anno che vide il “Pippo nazionale” immolarsi al salvataggio di tale Pino Pagano che minacciò il “tentato suicidio” da una balconata del Teatro Ariston dove i soliti maligni sogghignarono deridendola come sceneggiata messa su ad arte, ma Sanremo è Sanremo e tutto filò liscio come da copione.

L’inizio della manifestazione 2018, che è seconda per affezione solo alla nazionale azzurra di calcio, è coinciso con una campana elettorale per le “politiche” del prossimo 4 marzo avvelenata da situazioni di cronaca nera dovuti a (mis) fatti di carattere delinquenziale che, strumentalizzati politicamente in ambito migratorio-razzista, hanno incendiato gli animi dei facinorosi di opposte fazioni (soprattutto centri sociali ed estrema destra) che sono venuti alle mani coinvolgendo negli scontri di piazza anche le Forze dell’Ordine deputate a sedare gli animi e tutelare l’incolumità dei residenti.

Non ha fatto granchè bene la musica alle questioni di cui sopra in quanto non c’è stata alcuna presa di coscienza da parte di alcuno, né ha generato valori cui invece sarebbe capace di apportare in termini di buonismo, come furono ad esempio le esperienze nel Live Aid del 1995, primo esempio-esperimento di solidarietà nella lotta alla povertà e alle discriminazioni.

Se il contesto musicale internazionale degli ultimi 5 anni ha ripercorso il trend global/social più standard con messaggi di impegno contro l’anoressia, l’alcolismo e favorevoli alle libertà individuali e sessuali, la 68° edizione del Festival per bocca del suo direttore artistico e conduttore Claudio Baglioni ha (ri) proposto soprattutto i soliti testi d’amore, a parte la canzone vincitrice sono state pochissime quelle che hanno trattato tematiche di disagio sociale e aspetti non facili del nostro “quotidiano”.

Tant’è che “the show must go on” come direbbero negli Usa, infatti lo spettacolo all’Ariston è proseguito senza intoppi e senza temi elettorali dichiaratamente “contro”, come invece successe nel 2011 quando cantò (e vinse) Vecchioni con una canzone antiberlusconiana oppure nel 2013 quando Crozza divertì con una parodia un po’ troppo di sinistra.

Quest’anno si sarebbe potuto fare di più, invece questo di Baglioni è stato il solito derby nazional-popolare nell’epoca della Tv on demand che ha francobollato il 50% di share soprattutto grazie a quelle poche situazioni “specchio” del Paese come lo struggente monologo di Pierfrancesco Favino anche non toccando i livelli emozionali dello scorso anno quando gli italiani si sono commossi vedendo suonare il pianista disabile Umberto Bosso.

Fuori quindi la politica, dopo l’epopea del Baudo scudocrociato, il Fazio ulivista e la premiata ditta del piccolo schermo Conti-De Filippi, la 68° edizione è stata pensata da Baglioni come un contenitore ad alto tasso musicale, qualcosa di fortemente talentuoso e serio tale da mettere al bando le semplici abitudini sanremesi intrise di mediocrità, mixando la musica d’autore cara al cantautore romano e sempre al centro dell’attenzione con lo show misurato di una Hunziker (co-conduttrice) mai banale ed inappropriata e le incursioni teatrali di Favino che ha “proposto” al pubblico più che rincorrerlo.

Sono stati in definitiva questi gli ingredienti di una ricetta vincente, abbastanza coinvolgente da piacere, tanto al pubblico all’ascolto quanto ai cantanti che l’hanno vissuta giorno dopo giorno, d’altronde è questa l’essenza del Festival di Sanremo, un rito senza eccessi che anno dopo anno da sempre unisce.

Giuseppe “vas” Vassura

 

Post correlati:

About Vassura

Residente ad Alfonsine (vicino Ravenna), si è diplomato in Agraria all' Istituto Scarabelli di Imola e da lì ha iniziato a scrivere (giornalino studentesco), ha poi frequentato tre anni di Università a Bologna ed ha iniziato l'attività di assicuratore in Ras, che attualmente ancora persegue ma solo come consulente aziendale indipendente. Gli piace ascoltare musica blues, folk e scarpinare in mountain bike. Animatore e P.r. in località Milano Marittima fino al 2001, é da sempre volontario e socio WWF. Capacità di comunicare e lavorare in team, unito allo spirito di adattamento, immaginazione e capacità di organizzare in modo equilibrato il tempo, fanno risaltare in lui doti di generalista più che di specialista..


Warning: count(): Parameter must be an array or an object that implements Countable in /home/mhd-01/www.primola.it/htdocs/giornalino/wp-includes/class-wp-comment-query.php on line 399