Il Texas ratio è un indicatore finanziario che mette in rapporto i crediti deteriorati al patrimonio netto di una banca, è stato creato in Canada da un manager dopo una catena di fallimenti di 400 istituti di credito texani (da qui il nome) a seguito della crisi immobiliare degli anni ’80; questo indice è balzato alle cronache per i guai finanziari di tante banche italiane fallite o in “sofferenza” che hanno mandato in fibrillazione clienti e risparmiatori in merito i quattrini dati loro in gestione.
A detta degli esperti la verità è diversa in quanto non tutte le banche escluse da questo list Tax ratio, che evidenzia quindi lo stato comatoso di bilancio degli istituti, sono indenni da rischi di default tali da scongiurare se i nostri quattrini siano o no a rischio e se queste banche possano sopravvivere ai propri crediti problematici, ma la verifica analitica di ciò necessita un approfondimento finanziario, marea di dati statistiche e analisi che questo spazio non consente.
Dal Credito cooperativo di Teramo che nel 2015 non ce l’ha fatta ed è crollato sotto il peso delle passività è stata un’escalation di guai finanziari che ha visto un centinaio di istituti italiani (uno su cinque) ad aver a che fare coi propri crediti “malati”, dall’illustre Banca Monte Paschi di Siena alla meno nobile Cassa Rurale Valli di Primiero e Vanoi, guai tanto per banche “Popolari” quanto per le “Casse”, per quelle venete o per quelle salentine, tutte hanno vissuto e tuttora sopravvivono sotto il peso insostenibile di crediti non rimborsati.
A rigor di logica perciò qualcosa negli anni è andato storto e non solo perché qualche funzionario di banca è sotto accusa per aver venduto, a risparmiatori ignari, strumenti di risparmio rischiosi quali le obbligazioni subordinate; la maggior parte della colpa è imputabile ai meccanismi che hanno scaricato negli ultimi anni su tutti i contribuenti il costo dei salvataggi bancari, anziché farne carico ai proprietari delle banche stesse ovvero gli azionisti, e ciò ha contribuito a puntare il dito d’accusa verso il Parlamento che non ha denunciato alle commissioni di vigilanza di sorvegliare sui “malesseri” del settore e soprattutto su chi ha scambiato una poltrona nel consiglio di una banca solo come una onorificenza se non addirittura come luogo di malaffare.
In questo decennio, dopo il tracollo Usa dei mutui subprime scoppiato alla fine del 2006, è mancata quindi la voglia a chi di dovere di denunciare la rapacità delle banche e l’etica disumana del loro profitto ad ogni costo, morale di basso profilo questo che ha poi generato la crisi degli istituti di credito che stiamo vivendo oggi, figlia delle troppe speculazioni e artifizi finanziari dissennati che ha sospinto come dieci anni fa i risparmiatori agli sportelli bancari in una tragica ricerca di un futuro finanziario migliore, in bilico tra speranza e disperazione, verso il disastro e sul lastrico.
Giuseppe “vas” Vassura