Non c’è angolo sul pianeta in cui viviamo in cui il “tocco umano” non abbia creato guai, nulla a che vedere col testo di Springsteen nella sua “Human Touch”, tratta dall’omonimo album del 1992, che narra in un mondo senza pietà la necessità di sentir la sua “lei” fra le braccia e condividere, sentire e ricevere un po’ di quel suo “tocco umano”.
Le solite cattive abitudini ci hanno portato al Pacific Plastic Vortex scoperto nel 1997, esteso da un’area grande quanto la Spagna ad un’area grande quanto gli Usa, è un vortice di correnti marine che concentra dagli anni cinquanta tonnellate di rifiuti (nostri) soprattutto di plastica; a dir il vero occorrerebbe usare il plurale in quanto di queste aree di spazzatura umana ce ne sarebbero due nell’oceano Atlantico, una in quello Indiano e due nel Pacifico delle quali quella del Pacifico Settentrionale pare esser vasta quanto l’Europa.
Oceani di frammenti di plastica, spazzatura di piatti, bicchieri, pellicole per alimenti, bottiglie, tappi, ugelli degli spray, spazzolini da denti, ecc. Alle Hawaii di queste parti ne sono state trovate n° 200.000 per chilogrammo di sabbia, diventano cibo per tartarughe, uccelli marini e mammiferi (delfini, capodogli, ecc.) che anche per questo subiscono la decimazione che è sotto gli occhi di tutti, media compresi, perché provocano soffocamento causato dal blocco del tratto digestivo dovuto all’ingestione di questi micro-materiali in sospensione appena sotto il livello del mare; sono centinaia di miliardi i microscopici frammenti di plastica impalpabili che si polverizzano e si disperdono arrivando, in base alla loro densità, in una colonna d’acqua sino ai fondali.
Il dito d’accusa è puntato sì sull’apporto da fiumi, transito traghetti e dalla caduta accidentale o voluta di interi container dalle navi cargo, ma soprattutto sulle nostre cattive abitudini; l’Italia fa la sua parte in quanto detiene il non invidiabile record di essere il primo Paese in Europa come consumo di sacchetti di plastica “usa e getta” commercializzandone addirittura un quarto della totalità comunitaria.
Mettere ordine al disordine creato dalla mano dell’uomo si può e si deve e bisogna farlo in fretta, dovrà per forza diventare questa la sfida primaria dei governi a porre rimedio al maldestro vizio di mal legiferare in merito l’ecosostenibilità dell’ “human touch”, che non giova a nulla, che crea solo guai e che farà sempre più la differenza in termini di consensi, anche elettorali, rispetto al passato, ma soprattutto servirà ad invertire un viaggio senza ritorno.
Giuseppe “vas” Vassura