Il ciclo della terra fra biodinamica, alterazioni,etica e.. sprechi

La filiera agro-alimentare sembra  far acqua da tutte le parti perché più di 1/3 degli alimenti, dall’origine produttiva al consumo finale, si spreca e finisce nel “cassonetto” causando peraltro a livello mondiale oltre 24.000 decessi al giorno per fame.

Senza scomodare la legge “ebraica” che prevede ogni sette anni l’osservanza dell’anno sabbatico ossia di un periodo di “riposo” della terra, oggi c’è bisogno più che mai di interrompere il processo di industrializzazione delle campagne ed iniziare a seguire invece quello opposto per vedere se non altro di ridurre i morti.

Negli ultimi decenni le tecniche agronomiche che hanno interessato suolo e parte del sottosuolo hanno dissanguato le sue funzioni naturali provocando perdita di biodiversità e danni irreversibili all’ambiente; per colpa della chimica di sintesi quell’esaltazione di biodiversità, salubrità delle acque e aria “pulita” oggi non esiste più.

Il rapporto con la terra non prevede più il suo riposo agronomico dopo lo sfruttamento produttivo indotto dalle rotazioni delle colture ossia primo anno grano, secondo anno legumi o saccarifere e terzo anno a riposo (erba medica/maggese); questo “ciclo” è ricordo del passato perché la produzione agricola impone risultati immediati per “foraggiare” la trasformazione industriale e soddisfare nel più breve tempo possibile, grazie ad una logistica distributiva efficiente, il consumatore finale.

Sono lontane le battaglie degli agricoltori biodinamici che professavano e praticavano metodi pseudoscientifici di coltivazione che associava tecnica agricola tradizionale quale il sovescio (interramento di leguminose) e rotazione colturale ad una “mission” meno razionale più simile all’omeopatia e più vicina alla magia, quali l’osservanza di non ben specificate forze cosmiche.

Tutto ciò, intorno alla metà del 20° secolo, è stato spazzato via da una rivoluzione silenziosa che ha visto i contadini diventare (purtroppo) solo imprenditori, stravolgendo (in peggio) il proprio rapporto con la terra; una cultura e coltura dei campi demonizzata dal vento della modernità nel preferire un anno agricolo dedito a quell’etica in cui non ci sono più fermi e soste a danno di acqua, humus e microrganismi trattenuti dal terreno.

Si può “svoltare” da questa autostrada per l’inferno? Certo, recentemente sulla stampa nazionale sono balzati all’occhio esempi virtuosi in tal senso, dall’ecovillaggio sulle colline di Firenze ispirato al “riuso, riduco, riciclo” di una manager milanese alla scelta della donna a capo dei giovani imprenditori agricoli di Torino che ha “virato sulla campagna la sua laurea in Scienze Politiche e non si vergogna a parlare di vacche e mungitura”.

Sprechi, zero pesticidi ed alterazioni dell’ambiente sono stati temi caldi che l’ Expo 2015 ci ha lasciato in eredità soprattutto nelle rappresentazioni al Padiglione Zero, luci di una (effimera) ribalta “made in Italy” che come spesso purtroppo accade vengono prima o poi attenuate e ben presto dimenticate.

Giuseppe “vas” Vassura

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About Vassura

Residente ad Alfonsine (vicino Ravenna), si è diplomato in Agraria all' Istituto Scarabelli di Imola e da lì ha iniziato a scrivere (giornalino studentesco), ha poi frequentato tre anni di Università a Bologna ed ha iniziato l'attività di assicuratore in Ras, che attualmente ancora persegue ma solo come consulente aziendale indipendente. Gli piace ascoltare musica blues, folk e scarpinare in mountain bike. Animatore e P.r. in località Milano Marittima fino al 2001, é da sempre volontario e socio WWF. Capacità di comunicare e lavorare in team, unito allo spirito di adattamento, immaginazione e capacità di organizzare in modo equilibrato il tempo, fanno risaltare in lui doti di generalista più che di specialista..


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