Global warming: una “pellicola solo al negativo”

Ebbene.. pare che effettivamente i ghiacciai del Kilimangiaro  siano in disgelo, la calotta artica si sta progressivamente riducendo e le nostre Alpi assomiglino sempre più agli Appennini..: ci dobbiamo allarmare? Io dico di sì…

Da 400.000 anni ad oggi l’anidride carbonica (CO2) sul pianeta è raddoppiata ma solo dopo la rivoluzione industriale è salita oltre le 400 ppm (parti per milione), ecco quindi il perché del riscaldamento globale (global warming) o almeno questo è quel che ci propina la stampa specializzata.

 

Si parla del Global warming quindi, ossia la logica ed inevitabile conseguenza del vivere dissennato di noi umani e del nostro incessante bisogno di materie prime, petrolio, carbone e gas naturale per mandare avanti la “baracca”, ma é proprio possibile continuare così?

Un’infinità i convegni, le conferenze sul clima, le immagini shock da parte dei media ovvero tutti a sottolineare che è da matti proseguire su questa strada, è risaputo che il mondo industriale avanzato così com’è è sempre stato origine di guai, danni ambientali compresi, ma nessuno dei potenti del mondo finora ha mosso un dito; all’oggi nessuno può dire per certo per quanto tempo ancora si debba procedere in tal senso senza porre rimedio a questo “global warming”, servirebbe quantomeno un’accelerata alla finora timida destinazione di capitali finanziari e competenze tecnologiche a favore dello sviluppo delle fonti energetiche alternative, ma questa inversione di tendenza rispetto alla attuale non decolla e soprattutto in tempi di crisi ha sempre poco “appeal”. Intanto mentre Usa, Cina e Russia bypassano il problema facendo solo chiacchere, il 2012 è stato il nono anno più caldo dal 1880 ed il rovente 2015 ha battuto ogni record in tal senso.


Come fortunatamente a volte accade basta però una banalità per smuovere le coscienze, mica una oceanica manifestazione di protesta semmai in occasione del “summit” di turno e nemmeno qualche pittoresca marcia ambientale davanti al campidoglio, qualche settimana fa è bastato un solo “click” fotografico mosso fra l’altro nemmeno da un professionista del settore; questa istantanea ha fatto il giro del mondo sulle prime pagine di gran parte delle testate giornalistiche del pianeta e ritraeva un esemplare di orso polare, femmina nello specifico, in evidente stato di denutrizione.

K. Langenberger, la fotografa dell’Antartide

L’autrice della foto si chiama Kerstin Langenberger, blogger col pallino ambientale che commentando in rete la “mission” del reportage fotografico ha descritto ciò come una “pellicola solo al negativo” spiegando nello specifico che le maggior parte delle femmine di orso polare, a differenza dei loro compagni che restano a bighellonare e a rimpinzarsi di foche sulla banchisa polare, per colpa del riscaldamento globale si riducono così in quanto per dar alla luce i loro piccoli devono per forza recarsi sulla terra ferma ma che a differenza del passato, a causa del successivo ed accelerato ridursi dei ghiacci dovuti al global warming, restano per troppo tempo “bloccate” a terra in un ambiente scarso del loro cibo naturale ed a loro estraneo dove sono facile bersaglio di bracconieri e pericolo d’altro genere.

Non è la prima volta che ho visto sui media foto di animali in cattive condizioni, a causa di ferite o solo perché l’animale è vecchio e ha perso alcuni dei suoi denti canini per cui non può più nutrirsi adeguatamente, ma la foto dell’orsa in questione, complice la miriade di messaggi monito sull’urgenza e la gravità della situazione ambientale globale e sulle conseguenze nefaste inevitabili per una buona qualità della vita della popolazione umana, è come se mostrasse in realtà qualcosa d’altro e di terribile.

La progressiva scomparsa dei ghiacci polari come d’altronde quella delle nevi perenni sulle principali catene montuose mondiali determinerà senza dubbio conseguenze negative per l’abitat degli esseri viventi e solo recentemente qualche capo di Stato ha preso posizione a favore di politiche volte a discriminare l’uso dei combustibili fossili e “sposare” di contro tematiche inerenti forme di energia che si rigenerano ed inesauribili e che non immettono nell’atmosfera sostanze inquinanti e/o climalteranti.
Anche il nostro premier sembra voler andare in tal direzione ossia senza carbone, abbracciando “fotovoltaico & soci” perché energia illimitata ed inesauribile; una parte della stampa specializzata però ci parla di fallimento, investimenti enormi per minuscoli risultati, meglio eolico e idroelettrico che ci costano 5 volte meno.

Qualche fenomeno appartenente alla sfera politica ha quindi sbagliato? Se così è stato ci abbiam rimesso come sempre un sacco di quattrini senza far favori al nostro ambiente, come per le auto elettriche che riducono sì l’effetto serra (da -10% a -40%) ma per produrle si inquina il doppio, vero poi che senza gli incentivi statali al settore “rinnovabili” si sarebbero potuto costruire centinaia di chilometri di metropolitane con enormi tagli alle emissioni?

Dire No al fotovoltaico, ma si all’eolico o l’idroelettrico? Oppure gettarsi invece a capofitto sul geotermico di cui il Belpaese è fonte di ricchezza?
Ma che razza di politiche energetiche sono mai queste e quanto ci costano le sviste strategiche di questi “fenomeni” ed esperti?

Giuseppe “vas” Vassura

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About Vassura

Residente ad Alfonsine (vicino Ravenna), si è diplomato in Agraria all' Istituto Scarabelli di Imola e da lì ha iniziato a scrivere (giornalino studentesco), ha poi frequentato tre anni di Università a Bologna ed ha iniziato l'attività di assicuratore in Ras, che attualmente ancora persegue ma solo come consulente aziendale indipendente. Gli piace ascoltare musica blues, folk e scarpinare in mountain bike. Animatore e P.r. in località Milano Marittima fino al 2001, é da sempre volontario e socio WWF. Capacità di comunicare e lavorare in team, unito allo spirito di adattamento, immaginazione e capacità di organizzare in modo equilibrato il tempo, fanno risaltare in lui doti di generalista più che di specialista..


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