L’ obiettivo è quello di rappresentare gli interessi di lavoro di una collettività di persone: così nacquero in Gran Bretagna ai primi dell’800 queste associazioni di lavoratori che attualmente in Italia attraversano la crisi più seria degli ultimi decenni; motivi comuni per le quattro sigle confederali sono un appannamento del potere contrattuale ed un minor “peso” politico nelle sedi istituzionali, ma nello specifico la situazione è diversa…
Mentre la Cisl si affanna ad un ricambio al vertice, i rumours indicano nei motivi “previdenziali” del neo pensionato Bonanni, il passaggio dei poteri dallo stesso alla Furlan, peraltro sua fedele vice, la Uil non è da meno; Angeletti dopo 14 anni lascia una organizzazione ingessata in vecchi stereotipi non ad un suo giovane “delfino”, ma a Andrea Barbaglio, quasi settantenne…
Della Polverini (Ugc) si dice sia entrata qualche tempo fa nel salotto “buono” del sindacato quasi per caso, i numeri parlano di due milioni di iscritti ma non c’è certezza; di sicuro c’è invece l’inchiesta per l’ex segretario Centrella per appropriazione indebita, proprio ai danni del sindacato stesso e nessun acuto su come rendere più sopportabili le condizioni di vita dei lavoratori nelle fabbriche.
La Cgil, infine, è forse dal punto di vista “etico” la sigla confederale più politicamente corretta, nessun privilegio di casta inerente incarichi e bilanci, si vive di “glasnost&perestrojca” e più delle altre tre fa presa sulle nuove generazioni; purtroppo, a torto o a ragione, è sempre stata culturalmente “contro” l’imprenditoria privata, vista come un’avversaria da osteggiare.
Delle altre sigle sindacali (Autonomi, ecc,) c’è poca traccia, intente perlopiù a far interessi di bottega o fungere come strumento di promozione personale; quel che resta di quelle parti sociali che hanno fatto la storia nell’ambito della contrattazione nazionale sta facendo i conti più in casa propria che nelle sedi ministeriali deputate.
Le formule di mercato dell’ultimo decennio che hanno scardinato i riferimenti tradizionali nell’industria quanto nell’agroalimentare hanno forse spiazzato questi dirigenti sul come fare marketing sindacale unitario in settori di primaria importanza come turismo, manifattura di precisione e patrimonio artistico; non c’è stata attenzione o forse è mancato solo il tempo materiale per ascoltare la voce delle nuove generazioni, troppe riunioni e nessun intento comune.
A proposito di intenti, ultimamente da qualche tempo sembra che Cgil, Cisl, Uil e Ugc non si capiscano più, nemmeno per uno sciopero, come è avvenuto qualche settimana fa a Pompei; si lamentavano turni di lavoro sfiancanti, giustificabilissimo, ma a danno dei tremila turisti rimasti incolpevolmente fuori dai cancelli e contro ogni buon senso.
Vas