Giovani: sogno e ‘pensiero originale’

Non amo studiare. Odio studiare. Amo apprendere. Apprendere è meraviglioso.”
Natalie Portman.

scena da “L’attimo Fuggente”

Siamo più abituati alle storie di fallimenti che a quelle di successo. Indubbiamente, farsi buttare giù dalla situazione economica, sociale e dalle incertezze che ne derivano, è molto facile. Tuttavia, mentre i grandi studiosi parlano e fingono di trovare strategie per risolvere i problemi, sono le singole persone, spesso i giovani, a trovare la strada per la propria affermazione.

Ci hanno abituato a pensare che solo la scuola è la chiave per il successo, che se si prendono voti alti e si seguono alla lettera gli insegnanti, si arriverà lontano.
Ma a volte, non c’è nulla di più diverso dalla realtà. Come esempio posso portare quello di due ragazzi con un’avversione per la scuola, o almeno per come la scuola funziona nel tempo e nello spazio presente. La differenza fra questi ragazzi e quelli che hanno rinunciato a cercare qualcosa di buono nella vita, qualcosa per cui valesse la pena di lottare e impegnarsi, è quella di avere avuto un sogno. E non solo questo: avevano un sogno, la voglia di realizzarlo e una vita interiore esterna all’edificio educativo chiamato ‘scuola’.
Il primo ragazzo è un mio grande amico e mentre io prendevo il massimo dei voti, lui veniva bocciato più e più volte. Era stato mandato talmente tante volte dal preside che ormai erano diventati amici. Era di origine congolese, e pur essendo nato in Italia, sentiva che c’era qualcosa di diverso, qualcosa che qui mancava e che lui doveva esprimere in qualche modo. Ma nella vita di tutti i giorni di un adolescente c’è poco spazio per i grandi pensieri e le grandi azioni. O almeno così si pensa. In verità io, brava ragazza e studentessa modello, e lui, ragazzo con una brutta fama e cattivo studente, avevamo talmente tante cose in comune che a volte questa comunanza era spaventosa perfino per noi. Avevamo in comune l’insoddisfazione per un sistema di pensiero che elevava al massimo grado il potere della scuola, e non dava nessuna importanza allo sviluppo intellettivo ed emotivo della persona. Io possedevo più cultura e un’ambizione sfrenata, e lui invidiava la mia cultura, ma non avrebbe mai voluto acquisirla al prezzo di perdere la sua libertà di dire e fare ciò che credeva giusto. Così, mentre io cercavo di convincerlo a tornare a scuola e non cacciarsi nei guai, lui sviluppava la sua personalità e la sua determinazione, e si fissava in mente che sarebbe riuscito ad avere successo, contro tutte le predizioni. Mentre i suoi compagni di classe si diplomavano e si iscrivevano a sterili facoltà universitarie o passavano le giornate al bar con la scusa della mancanza di lavoro, lui aveva deciso di trasferirsi all’estero, di imparare il francese, di vivere da solo. Aveva trovato un lavoro e si era ambientato, e finalmente il suo sogno di riuscire nella vita e di vivere in un posto migliore si stava realizzando. Ma poi neanche quello fu abbastanza, e si trasferì in un terzo paese, con lo scopo di imparare l’inglese, finire la scuola e mettere la basi per una futura vita lavorativa da capo di se stesso, e non da lavoratore schiavo. Ogni volta che mi capita di sentirlo, lo sento sempre più maturo, sempre più determinato ad arrivare in fondo, e non ho nessun dubbio che riuscirà nel suo intento, quello di vivere una vita piena, soddisfacente ed economicamente stabile.
Il secondo ragazzo era un mio compagno di classe, figlio di un marocchino e di una friulana, intelligente ma al contempo svogliato come pochi. Aveva molte cose in comune con il primo: tratti caratteriali, intelligenza spiccata e pensiero originale. Mentre noi ci concentravamo a riuscire bene nelle interrogazioni, lui pianificava il suo futuro fuori dalla scuola. Appena diplomato, una delle prime cose che ha fatto, è stato prendere un aereo di sola andata per l’Australia e cercare lavoro. L’ha trovato, si è impegnato, ha dato tutto se stesso e ha racimolato i soldi per permettersi di pagare l’affitto e le spese personali, trovando anche il tempo per lo svago. E’ stato da solo in un altro continente e mentre tutti pensavano che uno come lui non avrebbe mai combinato mai nulla di serio, si è creato un’intera vita, una vita propria e autosufficiente, dall’altro capo del mondo. Ora che può mantenere se stesso, ha deciso di iscriversi all’università in Australia, e non vedo limiti a quello che questo ragazzo può fare di ora in poi.
Ma questi sono solo esempi pratici di quello che vedo intorno a me tutti i giorni, e che mi convince che la vera sfida nella vita di una persona sia pensare in modo originale, fuori dalle costrizioni di chiunque, compresi tutti i modelli educativi condivisi. Chi non si accontenta di una piccola vita qualunque e ha il coraggio di mettere in discussione tutti i valori col rischio di essere preso per pazzo, per poi costruire i propri, in qualche modo riesce sempre nel suo intento. Chi ha dentro quella voglia di riscatto, quel fuoco che brucia e che spinge a migliorare e a oltrepassare quello che è comune, normale e sicuro, sarà colui che verrà un giorno invidiato dalle persone qualunque. Le stesse persone che non hanno avuto il coraggio di agire e si sono solo lamentate della mancanza di condizioni propizie, della sfortuna, e così via, quelle persone che denigravano chi aveva un sogno nonostante non sembrasse adatto a realizzarlo, guarderanno con rispetto chi, nonostante sia partito da più in basso, è arrivato più in alto di quanto loro osassero perfino immaginare.
Con questo non intendo dire che l’educazione non sia importante, ma che un’educazione sterile, fatta di sole regole, di mancanza di spirito critico negli insegnanti stessi, di stanchezza e pigrizia mentale e di nozioni imparate a memoria, causa più danni che benefici. Questa è forse la risposta del perché molti 100 e Lode, con master e lauree specialistiche all’attivo, siano ancora fermi a casa, a piangere della propria sfortuna. E’ innegabile che per tutti la situazione odierna sia difficile da dipanare, e che trovare un lavoro soddisfacente e realizzarsi nella vita sia complicato.


Ma sembra che molti giovani abbiano perfino smesso di sperare, di credere di volere qualcosa di meglio e volerlo veramente, e questo può essere il vero motivo dietro a questi insuccessi. Per restare in tema, secondo un proverbio africano: “Chi vuole sul serio qualcosa trova una strada, gli altri una scusa.”

Adriana

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