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L’ Università

Cari lettori del Giornalino, negli ultimi tempi non si fa altro che parlare di quanti e quali tagli venganouniversita fatti nel settore della pubblica sanità, dell’istruzione e in altri ambiti, di quanto non si trovi lavoro e di come l’Italia sia indietro su molti piani rispetto ad altre nazioni. Effettivamente i problemi ci sono, e vanno giustamente sottolineati. Tuttavia, come spesso accade, si discute molto di quello che non funziona, a volte anche esagerando ed esasperando problematiche certamente esistenti, e non si sottolinea quello che invece funziona e va premiato.

Forse andrò un po’ controcorrente quindi presentando la situazione attuale come meno grigia di quello che è, con una visione più ottimista e meno legata ai pregiudizi. Uno dei pregiudizi che si riscontrano spesso in Italia è ad esempio quello che vede le università come luoghi di scarsa produttività ed efficienza, dove i giovani si auto-parcheggiano in quel lasso di tempo della loro vita in cui hanno finito le superiori ma non vogliono ancora lavorare. Dipinte così, le università sembrano il regno dei fuori corso, dei perditempo, dei collettivi. L’altro pregiudizio, forse opposto ma legato alla stessa istituzione, vede le università come totalmente abbandonate dallo Stato, che al contrario taglia loro i fondi e ne impedisce lo sviluppo, e in cui insegnano professori dai dubbi curriculum. In tutto questo, gli eroi sarebbero gli studenti: vittime incomprese di un sistema che non dà loro la possibilità di trovare lavoro anche dopo che hanno concluso lauree, specialistiche e master.
Ebbene, a mio parere nessuna delle due è la verità. Come spesso accade, la realtà effettiva è un misto di elementi di questi pregiudizi, temperati da un po’ di buon senso. La mia breve analisi si basa sulla, seppur ancora limitata, esperienza di iscritta al 2° anno di Filosofia all’Università di Bologna. In questo anno e mezzo ho incontrato anche professori preparati e attivi sulla scena nazionale con congressi, pubblicazioni e via dicendo, dai curriculum impressionanti, spesso e volentieri anche internazionali. A chi contesta la scarsa organizzazione dell’università, replico che ad esempio il sistema della prenotazione degli esami e della loro verbalizzazione è ormai completamente informatizzata, e per quanto ho potuto per ora appurare, sempre funzionante. I docenti sono in linea di massima disponibili per chiarimenti e colloqui, e anche se le aule non sono sempre adeguate al numero degli studenti, è possibile trovarne di sostitutive. Per quanta riguarda i fondi, non posso esprimermi circa quelli destinati alla ricerca o alla implementazione di servizi nell’università, ma posso dire che l’azienda regionale di supporto agli studi, ER.GO, fornisce tutti gli anni borse di studio agli studenti meritevoli con difficoltà finanziarie.
Certamente un’analisi degna di questo nome non si può fermare qui, e soprattutto bisognerebbe avere conoscenze approfondite e corredate di dati e statistiche, di cui però non dispongo. Tuttavia, anche se ho una visione molto parziale del mondo universitario, basata sull’esperienza che ne ho fatto finora, penso che la realtà in cui ci troviamo non sia poi così negativa. In definitiva, come in tutte le cose, bisognerebbe lamentarsi di meno e agire di più; credo che questa sia una soluzione semplice per problemi anche molto complessi. Soprattutto però, bisogna sforzarsi di vedere il mondo come un posto in cui è possibile dare il proprio contributo, in cui non lasciamo che agenti esterni (lo Stato, le istituzioni, i genitori) decidano la nostra vita pensando di non poter migliorare la situazione.

Bisogna sempre ricordarsi che se non è possibile cambiare alcune cose che ci succedono, possiamo tuttavia scegliere come reagire ad esse e come comportarci di conseguenza, e in questo siamo profondamente liberi.

Adriana
(Redazione del Giornalino)

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